venerdì 18 novembre 2016

LinkedIn bloccato in Russia

Il Cremlino: «Non è censura», Il social network professionale è stato oscurato perché non si è dotato di server per la conservazione di dati sul territorio nazionale, come richiesto da una legge del 2014. Ci vediamo subito dopo la sigla per l’approfondimento.


Niente più ricerche di lavoro e curriculum telematici per i cittadini russi su LinkedIn. Il Cremlino ha bandito la più importante piattaforma professionale in tutto il Paese. Una decisione che era già stata presa ad agosto dalla corte distrettuale di Mosca. Dopo mesi di negoziazioni, si è passati all’azione, e la Roskomnadzor, l’autorità russa per le telecomunicazioni, ha disposto il blocco del sito. Rendendo LinkedIn il primo social network ad essere stato completamente oscurato in Russia. Il problema sono i server. Secondo una legge del luglio del 2014, i dati personali degli utenti devono essere conservati solo sul territorio nazionale. Regola non rispettata da LinkedIn. Per questo Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha sottolineato che non si tratta di censura. Secondo lui la Roskomnadzor «agisce nello stretto limite della legge». Arrivano però anche i primi commenti dalle società. La Sberbank, la prima banca russa, ha fatto sapere in una nota che il blocco complicherà la ricerca del personale: Noi pensiamo che per un certo numero di posizione, lo scouting di candidati aumenterà di 1-3 giorni, i costi cresceranno e potremo aver bisogno di utilizzare le agenzie più spesso».



I primi blocchi
Sono sei milioni (secondo Reuters) i russi iscritti al social network, acquisito da Microsoft per 26,2 miliardi, sui 467 milioni totali. Non si sa ancora quali saranno le prossime mosse della società, se continuare a negoziare perché le autorità facciano un’eccezione alla regola o se si adegueranno alla legge. Entrata in vigore a settembre, è la principale causa della predisposizione del blocco. Gli americani hanno più volte chiesto di ridiscutere la decisione. Ultimo incontro: l’11 novembre con una nuovo tentativo di negoziare con la Roskmnadzor, andato in fumo. Certo è che non è il primo sito ad essere oscurato nel Paese. Lo stesso destino era toccato a Wikipedia — temporaneamente — a causa di un articolo sul consumo di cannabis. A settembre i primi blocchi definitivi hanno riguardato la pornografia: eliminati dai browser russi YouPorn e Porhub. «La decisione di bloccare LinkedIn — ha dichiarato la società — nega l’accesso ai milioni di utenti che abbiamo in Russia e alle società che usano LinkedIn per accrescere il loro business. Continuiamo a voler un incontro con la Roskomnadzor per discutere la richiesta sulla localizzazione dei dati».


Come in Cina
Un precedente simile si è verificato in Cina, dove LinkedIn ha costruito un sito separato — che si appoggia su server nazionali — per andare incontro alle esigenze del governo. Le stesse di quello russo. Esigenze che entrambi giustificano con la volontà di tenere al sicuro i dati dei propri cittadini. Ma che in realtà, si accusa, nasconderebbe la ricerca di una facile strada per controllarli. Facebook e Twitter, entrambi attivi nel Paese, non si sono ancora dotati di server nazionali. Mentre altre società — 1.500 per le autorità — hanno già preso provvedimenti per modificare le proprie infrastrutture. La decisione di bloccare LinkedIn segna in ogni caso un precedente, che potrebbe modificare l’uso della Rete nel Paese, così come la presenza delle principali società tecnologiche che operano in Russia.


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